lunedì 18 maggio 2020

I vasi canopi

Nell’antico Egitto il processo di mummificazione prevedeva l’estrazione degli organi dal corpo del defunto (ad eccezione del cuore, sede del pensiero e delle emozioni, che il defunto doveva conservare al suo interno per poter partecipare al rituale della psicostasia davanti al tribunale divino presieduto da Osiride).


Polmoni, fegato, stomaco ed intestino venivano posti in quattro differenti vasi canopi, collocati poi nella tomba del defunto.

Durante il Nuovo Regno, si affermò l’usanza di produrre i coperchi di tali oggetti con le sembianze dei cosiddetti “Figli di Horus”, ovvero divinità specifiche che erano preposte alla protezione dei singoli organi:

- Jmstj (Imseti): a testa umana, per il fegato;
- Hpy (Hapi): a testa di babbuino, per i polmoni;
- DwAmwtf (Duamutef): a testa di sciacallo, per lo stomaco;
- Hbsnwf (Hebesenuef): a testa di falco, per l’intestino.

Nel set dei quattro vasi canopi in alabastro raffigurati nell’immagine, conservati presso il Museo Archeologico di Firenze e attualmente esposti alla mostra "L'Egitto di Belzoni", manca Duamutef, mentre sono presenti due Imseti.
Data la provenienza ignota, è possibile che i vasi facciamo parte di differenti corredi.

I vasi canopi recavano un’iscrizione disposta in più colonne, che iniziava con l’espressione:
Dd mdw (djed medu) ovvero “parole pronunciate da...” o “parole dette da...” cui seguiva il nome della dea Nefti, Iside, Neith e Selkis (a seconda del vaso) e terminava con mAa-xrw (maa-heru) ovvero “giustificato”.

Si trattava di formule scritte a protezione del defunto (il cui nome compariva nell’iscrizione, assieme alla sua carica).









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