lunedì 1 gennaio 2024

La fiasca del Nuovo Anno

Anche nell’Antico Egitto si festeggiava l’arrivo di un nuovo anno, in corrispondenza dell’inizio della stagione della piena del Nilo (a metà dell’attuale mese di luglio).

Le foto (Fig. 1-4) rappresentano la cosiddetta “Fiasca del Nuovo Anno”: si trattava di un oggetto connesso a questo evento, che riportava iscrizioni di augurio come ad esempio:


wp.t-rnp.t nfr.t
(Wepet renpet neferet)
“Buon Anno Nuovo”

L'iscrizione poteva essere riportata sul fronte della bottiglia così come in un riquadro lungo la circonferenza. 
Nell'esemplare conservato presso il Musée des Beaux-Arts di Digione (Francia) essa è ben visibile in Fig. 2 e 3 e recita letteralmente:


Jmn wp(.t)-rnp(.t) nfr(.t) n nb=s


PtH wp(.t)-rnp(.t) nfr(.t) n nb=s

"Amon / Ptah - Un inizio di felice Anno Nuovo per il suo Signore"

(da un lato, l'iscrizione reca il nome di Amon, dall'altro quello di Ptah)

Fig. 1
Fiasca del Nuovo Anno in faience, XXVI Dinastia
Dépôt du Musée du Louvre, Paris
© Musée des Beaux-Arts de Dijon/François Jay

Fig. 2
Fiasca del Nuovo Anno in faience, XXVI Dinastia
Dépôt du Musée du Louvre, Paris
© Musée des Beaux-Arts de Dijon/François Jay

Fig. 3
Fiasca del Nuovo Anno in faience, XXVI Dinastia
Dépôt du Musée du Louvre, Paris
© Musée des Beaux-Arts de Dijon/François Jay

Fig. 4
Fiasca del Nuovo Anno in faience, XXVI Dinastia
Dépôt du Musée du Louvre, Paris
© Musée des Beaux-Arts de Dijon
Photo: Lisa Antonelli

La fiaschetta ha una forma lenticolare il cui corpo è decorato da un fiore di loto steso a semicerchio (Fig. 4); il collo si allarga in una pianta di papiro stilizzata mentre sulla fascia laterale che percorre la circonferenza dell'oggetto, oltre all'iscrizione, è presene una decorazione a motivi geometrici.

martedì 11 aprile 2023

Ushabti policromo - Musée des Beaux-Arts de Dijon

Ushabti anonimo
XVIII-XIX Dinastia
Inv. D Cat Egypte 1997 n° 85
Musée des Beaux-Arts de Dijon

In questa foto è ritratto un pezzo proveniente dalla collezione egizia del Musée des Beaux-Arts de Dijon.

Si tratta di un esemplare di ushabti in legno, alto circa 18 centimetri, datato tra la XVIII e la XIX Dinastia ed interamente policromo: il volto, color ocra, è incorniciato da una parrucca nera ed in nero sono tracciati i lineamenti degli occhi, delle sopracciglia e della bocca.

Le mani, anch'esse dipinte, tengono gli attrezzi agricoli (zappa e falcetto), mentre il sacco del grano portato a spalla ricade sul retro della statuetta, al centro della schiena.

Tutto il busto è ricoperto da una decorazione a fasce nella forma di una collana ed il corpo mummiforme è decorato con quadrati dal bordo rosso con un grande punto blu al centro.

L'iscrizione, disposta in verticale in una striscia incorniciata di rosso su fondo giallo, seppur in ottime condizioni non riporta il nome proprio del defunto (ushabti anonimo).

Il Musée des Beaux-Arts de Dijon possiede una raccolta di 80 ushabti (in faïence, legno e terracotta) che sono stati studiati e catalogati da L. Aubert (in: Aubert J.F. e L., Statuettes Égyptiennes - Chaouabtis Ouchebtis, Paris, 1974).

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Per saperne di più sugli ushabti:

Gli ushabti (𓅱𓈙𓃀𓏏𓏭𓀾 wšbtj) sono statuette che rappresentano il defunto mummiforme e che venivano poste all’interno del corredo funerario al fine di poter “sostituire” il defunto stesso nei compiti che, secondo la credenza degli antichi Egizi, dovevano essere svolti nell’aldilà.

La parola “ushabti” deriva dal verbo “wšb” (usheb 𓅱𓈙𓃀𓏴𓀁) “rispondere” e significa “il rispondente”, “colui che risponde”; nelle formule iscritte su queste statuette, l’ushabti viene infatti esortato a prendere il posto del defunto per eseguire gli stessi lavori quotidiani necessari anche durante la vita terrena (come coltivare i campi, irrigare i canali, trasportare la sabbia, ecc.) garantendo così la sopravvivenza eterna del defunto.
Per poter svolgere queste attività l’ushabti era pertanto dotato di un falcetto, di una zappa (che impugna con mani) e di una borsa per le sementi che ricade dietro alla spalla.

Gli ushabti potevano essere in faïence (di colore turchese), legno, pietra, ecc. ed avevano una dimensione compresa mediamente tra i 5 e i 20 cm; dal Medio Regno, con il passare del tempo vennero prodotti in quantità sempre più numerose: nel Nuovo Regno ogni corredo poteva ospitare anche 400 statuette (una per ogni giorno dell’anno + 36 capisquadra ovvero uno ogni 10 operai). 

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Bibliografia:

- V. Laurent, M. Desti, Antiquités égyptiennes. Inventaire des collections du Musée des Beaux-Arts de Dijon, DRAC de Bourgogne, 1997.

- https://beaux-arts.dijon.fr 

- Crediti fotografici: Depôt du Musée du Louvre, Paris, Inv. N 2684 © Musée des Beaux-Arts de Dijon/François Jay

mercoledì 2 novembre 2022

La collezione egizia e vicino-orientale dello SMÄK di Monaco di Baviera (Staatliches Museum Ägyptischer Kunst)

Fra i diversi musei che ospitano collezioni egizie in Europa, lo SMÄK (Staatliches Museum Ägyptischer Kunst) di Monaco di Baviera merita sicuramente un approfondimento, non soltanto per l'ampiezza della sua raccolta e per le opere che custodisce (autentici capolavori che per la loro qualità si sono guadagnati la propria fama a livello internazionale) ma anche per la particolarità del percorso espositivo.

Il museo, in precedenza collocato nell'ala Hofgarden della Münchner Residenz (Residenza di Monaco), è oggi situato nel Kunstareal, il quartiere di Monaco dedicato ai principali musei cittadini (fra i quali è presente anche la Alte Pinakothek).

Fig. 1 - Veduta della sala "Kunst und Form";
sulla destra, particolare di un gruppo statuario in calcare.
Nuovo Regno, XIX Dinastia, 1220 a.C. circa,
da Menfi

L'edificio, dall'architettura moderna e avanguardista, è interamente dedicato alla collezione egizia e vicino orientale; vi si accede scendendo attraverso una grande scalinata che conduce all'atrio (denominato "Kunst und Form") che ospita le opere scultoree, dove subito si percepisce l'ampio respiro che viene dato alla raccolta.
La disposizione dei pezzi, collocati su alti piedistalli (Fig. 1 e 2), ne consente un'osservazione diretta e a tutto tondo, arricchita da un gioco di chiaroscuro creato dalla luce naturale che filtra dalle grandi vetrate e dall'illuminazione artificiale.

Fig. 2 - Testa della statua in granito del faraone Ramses II.
Nuovo Regno, XIX Dinastia, 1270 a.C. circa

Una grande scritta al neon sulla parete (Fig. 3) recita:

"ALL ART HAS BEEN CONTEMPORARY"

Ideato da Maurizio Nannucci, artista italiano autore di diverse installazioni collocate nei musei di tutto il mondo, lo slogan lancia il messaggio che lo SMÄK vuole trasmettere al visitatore fin dal principio del percorso: trovare la creatività artistica nel linguaggio degli antichi egizi e, attraverso un dialogo aperto tra le opere e lo spettatore, colmare la distanza temporale che separa il moderno visitatore dal proprio passato.
Il tipo di esposizione favorisce sicuramente la comprensione di questo messaggio, essendo gli oggetti per lo più celebrati individualmente come monumenti d'arte.

Fig. 3 - Sala "Kunst und Form" e slogan di M. Nannucci.

Il percorso non si sviluppa in un ordine cronologico standard ma secondo un circuito di sale tematiche, alcune delle quali sono mostrate di seguito (Fig. 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10).
    Fig. 4 - Sala "Obelisk"
    (Obelisco)
    Fig. 5 - Sala "Pharao"
    (Faraone)
    Fig. 6 - Sala "Fünf Jahrtausende"
    (Cinque millenni)
Fig. 7 - Sala "Jenseitsglaube"
(Vita nell'aldilà)
Fig. 8 - Sala "Religion"
(Religione)

Fig. 9 - Sala "Schrift und Text"
(Scrittura e Testi)
Fig. 10 - Sala "Kunst-Handwerk" 
(Artigianato)

Colpisce in maniera particolare la sala "Fünf Jahrtausende" (trad. "cinque millenni", Fig. 6) nella quale una teca lunga diciassette metri espone circa 750 oggetti tra manufatti litici, ceramica, stele, sarcofagi, amuleti, ushabtiostraka, armi e maschere funerarie che, disposti in ordine cronologico su una terrazza sabbiosa a tre livelli, raccontano cinque millenni di storia dell'Egitto, dal 4000 a.C. al 1000 d.C. circa.
 
Interessante anche la sala a tema "Kunst-Handwerk" (trad. "artigianato", Fig. 10) che, con le sue grandi vetrine dedicate ognuna a pezzi caratterizzati da un determinato materiale (argilla e maiolica, pietra e metallo, legno e papiro, ecc.), illustra la varietà degli oggetti ed i loro utilizzi.

Vi propongo di seguito le foto di alcune delle opere esposte nel Museo:

Fig. 11 - testa di faraone
con la corona dell'Alto Egitto, in calcare
Antico Regno, IV Dinastia (2550 a.C. ca.)

La testa del faraone in Fig. 11 rappresenta probabilmente Cheope, il costruttore della grande piramide di Giza, il cui aspetto è noto solo da poche raffigurazioni.
In questo frammento il faraone, che indossa la corona dell'Alto Egitto sopra la fronte bassa, è rappresentato con il naso smussato e le labbra carnose: i tratti sono enfatizzati, quasi a voler raffigurare l'espressione del volto.


Fig. 12 - gruppo statuario in calcare,
Antico Regno,
V Dinastia (2400 a.C. ca.) 

Fig. 13 - particolare del gruppo statuario
in Fig. 12 con i piedini del figlio della coppia



Fig. 14 - Gruppo statuario in calcare
del sacerdote Neye con sua madre Mutnofret
Nuovo Regno, XIX Dinastia, 1250 a.C. circa
da Tebe Ovest

Il gruppo statuario di Neye e Mutnofret (Fig. 14) colpisce in particolare per diversi aspetti: la modellazione del corpo, i dettagli delle dita delle mani e dei piedi, la plissettatura degli abiti e la struttura delle parrucche denotano un'alta qualità artigianale.
Le due statue conservano tracce di policromia e di doratura (queste ultime visibili nei collari, nei bracciali e nel copricapo di Mutnofret).
La postura rigida si combina con i volti idealizzati a creare lo stile formalistico ed impersonale tipico del periodo Ramesside.

Fig. 15 - Particolare dei rilievi parietali di Amarna:
Akhenaton (figura sdraiata) con babbuini in preghiera
su rampa che conduce alla pedana del trono
Fig. 16 - occhio in calcare
con bronzo ed ossidiana
(dalla Sala "Kunst-Handwerk" 
- Artigianato)
Fig. 17 - Testa di statua di Montemhat in quarzite,
XXVI Dinastia, 610 a.c. circa
Fig 18 - copricapo reale da figura di sfinge, con tracce dorate
Medio Regno, XII Dinastia, 1800 a.C. circa
Fig. 19
Corredo funerario appartenuto ad una bambina,
composto da un sarcofago in legno dipinto
e da contenitori di generi alimentari.
Nuovo Regno, XIX-XX Dinastia, 1100 a.C. circa

Tra le ultime sale, una è dedicata ad accogliere reperti provenienti dal Vicino Oriente Antico, fra i quali una parte della decorazione a bassorilievo della via processionale di Babilonia (Fig. 20) e alcuni rilievi provenienti dal palazzo Nord-Ovest del re Assurnasirpal II a Nimrud, di età neoassira (Fig. 21).

Fig. 20 - Sala "Alter Orient" (Vicino Oriente Antico)
Leone che cammina, animale sacro alla dea Ishtar
Età neobabilonese, 580 a.C. circa

Fig. 21 - Sala "Alter Orient" (Vicino Oriente Antico)
Geni alati e barbuti con attributi vari
Età neoassira, 870 a.C. circa
dal Nimrud, Palazzo Nord-Ovest di Assurnasirpal II

Due sale sono inoltre dedicate all'Egitto romano ("Ägypten in Rom - Nach den Pharaonen", "l'Egitto a Roma - Dopo i faraoni" - Fig. 22) e alla Nubia / Sudan ("Nubien und Sudan").

Fig. 22 - Figura in bronzo
della dea Hathor-Luna
con copricapo a forma di crescente lunare,
Età tolemaica, II-I sec. a.C. 


Bibliografia:
  • S. Schoske, D. Wildung, Das Münchner Buch der Aegyptischen Kunst, Verlag C. H. Beck, München, 2013;
  • www.smaek.de

venerdì 2 settembre 2022

La basilica di Santo Stefano a Bologna: testimonianze del culto di Iside in età romana


  

Del complesso romanico della basilica di Santo Stefano a Bologna, che comprende la Chiesa del Crocifisso (XI secolo), del Sepolcro (riedificata nel XII secolo) e dei Santi Vitale e Agricola (XI secolo), la Basilica del Santo Sepolcro custodisce il nucleo più antico del gruppo.

L’edificio, a pianta centrale dal perimetro ottagonale colonnato, sormontato da un’alta cupola, contiene un’edicola marmorea che riproduce il Santo Sepolcro di Cristo a Gerusalemme, edificata secondo la tradizione dal vescovo Petronio nella prima metà del V secolo sopra una fonte d’acqua.


Nel pavimento della chiesa, un pozzo coperto da una grata contiene infatti l’acqua di un’antica sorgente che ancora persiste (nonostante l’abbassarsi della falda) e che nella simbologia cristiana venne identificata con le acque redentrici e miracolose del fiume Giordano.


Alcuni studi hanno ipotizzato che in questo luogo, precedentemente, in età romana, venisse praticato il culto di Iside e che la fonte fosse sacra alla dea stessa.

La teoria è supportata soprattutto dalla presenza di un’iscrizione lapidea in marmo bianco, dedicata ad Iside e datata tra la metà del I e la fine del II sec. d.C., murata su un lato del complesso, nel cortile antistante, fra i due sarcofagi medievali che custodivano le spoglie dei primi vescovi della Chiesa di Bologna.


Fu per volontà testamentaria della liberta Sextilia Homulla che venne realizzata questa dedica alla dea:

                                                                 DOMINAE ISID[I] VICTRICI 
                        NOMINE M(ARCI) CALPURNI TIRON[IS ET] SUO EX PARTE PATRIMONI SUI 
SEXTILIA M(ARCI) LIB(ERTA) HOMULLA PER ANIC[ETU]M LIB(ERTUM) SUUM UT FIERET  TEST(AMENTO) CAVIT

“Alla dea Iside Vincitrice, con parte del proprio patrimonio, a nome proprio e di Marco Calpurnio Tirone, Sextilia Homulla, liberta di Marco, stabilì per testamento che venisse fatto ad opera del suo liberto Aniceto”.


Si suppone che in corrispondenza dell’edicola interna alla chiesa, tra l’80 e il 100 d.C. fosse stato edificato un luogo di culto sacro alla dea Iside per iniziativa di Calpurnia, ricca matrona bolognese. La sua collocazione, a est della Bononia romana e a breve distanza dalla Via Emilia, era in una zona ricca di sorgenti e comunque al di fuori dell’abitato, come già attestato per altri luoghi di culto isiaci al di fuori dell’Egitto.



mercoledì 8 giugno 2022

La nuova Sezione Egizia del Museo Civico di Crema e del Cremasco

 



Il 26 febbraio 2022, a Crema (CR), presso il Museo Civico di Crema e del Cremasco, si è svolta la conferenza per l'inaugurazione della nuova Sezione Egizia del Museo.

Inserito nella splendida cornice del convento quattrocentesco di Sant'Agostino, il Museo Civico di Crema e del Cremasco ospita infatti, a partire da questa data, una Sezione Egizia del tutto rinnovata.

Nata nel 2019, il suo nucleo principale è costituito dai reperti della collezione privata di Carla Maria Burri (1935-2009), egittologa e papirologa cremasca allieva del Prof. Sergio Donadoni, che ha donato la propria raccolta archeologica e libraria al Museo, nel desiderio di creare una sezione dedicata all'arte egizia e greco-romana.

Nel 2020, grazie all'ulteriore donazione dei coniugi Camillo Lucchi e Carla Campari, la raccolta del Museo Civico si è arricchita di nuovi pezzi.

Carla Campari, presente alla conferenza, era legata all'egittologa Carla Maria Burri da un profondo legame affettivo: compagne di classe durante la scuola secondaria, proseguirono insieme gli studi universitari e, condividendo la passione per l'antichità, mantennero l'amicizia anche negli anni seguenti. 
La collezione della famiglia Lucchi-Campari, frutto di acquisti presso antiquari autorizzati e aste indette dal Museo Egizio del Cairo, concorre, assieme a quella della Burri, a formare una raccolta museale che, attualmente, conta nel complesso circa 200 reperti e che copre un arco cronologico che va dal Paleolitico all'epoca copta.

Grazie alla collaborazione della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Lombardia, del Museo Civico di Crema e del Cremasco e del Dott. Christian Orsenigo (egittologo e curatore della Sezione Egizia) lo spazio espositivo è stato volutamente riorganizzato seguendo una narrazione temporale ed unendo le due collezioni Burri e Lucchi-Campari in un percorso museale uniforme, strutturato in vetrine che accolgono gli oggetti in base ad una precisa classificazione.

L'esposizione è introdotta da una prima vetrina è dedicata ai reperti più antichi, fra i quali:

- diversi manufatti litici (bifacciali, coltelli, punte di freccia) appartenenti al Paleolitico e al Neolitico (Fig. 1);

Fig. 1
Manufatti litici


- una piastrella in faience ritenuta parte della decorazione della piramide di Djoser (Antico Regno) - Fig. 2;

Fig. 2
Piastrella in faience (5,5 x 4 x 1 cm)
dalla piramide di Djoser
(III Dinastia, Antico Regno)

- due statuine in legno (una donna e un uomo - Fig. 3) datate al Primo Periodo Intermedio o al Medio Regno, che probabilmente facevano parte - come modellini - di composizioni più ampie raffiguranti scene di vita quotidiana ed artigianale;

Fig. 3
Statuette lignee raffiguranti
una donna (sx) e un uomo (a dx)
(Primo Periodo Intermedio o Medio Regno)

- una tavola d'offerta in terracotta (del Medio Regno), che rappresenta un'abitazione con cortile, contenente la riproduzione di diversi tipi di cibo (Fig. 4). 

Fig. 4
Tavola d'offerta in terracotta
(Medio Regno)

Seguono alcune vetrine destinate ad accogliere reperti appartenenti alla sfera funeraria:

- cinque maschere di sarcofagi lignei di Epoca Tarda ben conservate (Fig. 5);

- sette esemplari di ushabti in terracotta (uno dei quali recante un'iscrizione dipinta), legno e calcare datati al Nuovo Regno (Fig. 5);

- diversi amuleti di varia tipologia (Fig. 6, 7, 8, 9, 10);

- frammenti di cartonnage che hanno conservato i dettagli cromatici (Fig11 e 12)

due maschere di sarcofago di grande raffinatezza stilistica (Fig. 13).

Fig. 5
In alto: maschere di sarcofago in legno 
(Nuovo Regno ed Epoca Tarda)
In basso: ushabti in terracotta, legno e calcare, di cui uno con iscrizione
(Nuovo Regno)

Fig. 6
Amuleto in osso a forma di pettine
(Epoca bizantina)

Fig. 7
Collana in faience con amuleto
(Epoca greco-romana)
 
Fig. 8
Amuleto in faience (a sx)
e statuetta lignea (a dx)
a forma di ibis
(Epoca tarda)

Fig. 9
Amuleti in forme diverse:
in alto, da sx: sistro, gatta, dea Iside
in basso, da sx: specchio, sfinge, coccodrillo
(Epoca tarda)
 
Fig. 10
Amuleti in forma di occhio-udjat.
In alto a sx: stampo per amuleto raffigurante l'occhio-udjat

Fig. 11
Frammento di maschera funeraria in cartonnage
(Epoca tolemaica o romana)

Fig. 12
Frammento di copertura
per piedi di mummia, in cartonnage
(Epoca tolemaica o romana)

Fig. 13
Maschere di sarcofago antropomorfo, in legno
(XXII Dinastia, Terzo Periodo Intermedio)

All'interno della collezione è inoltre presente una raccolta di bronzetti votivi raffiguranti le principali divinità del pantheon egizio, di età compresa fra il 664 e il 332 a.C., uno specchio in bronzo, diverse statuette di terracotta antropomorfe e zoomorfe di età greco-romana (332 a.C. - 395 d.C.) - Fig. 14 - nonché molte lucerne di epoca romana e bizantina (Fig. 15).

Fig. 14
Vetrina contenente statuette in terracotta e bronzetti

Fig. 15
Lucerne in terracotta
(Età romana e bizantina)

Le vetrine finali sono dedicate a raccogliere pezzi di datazione più recente, come le due "ampolle di San Mena", di epoca copta (313 - 641 d.C.), che i pellegrini diretti al santuario del santo (primo martire cristiano d'Egitto) riempivano di acqua o olio, e una serie di bottiglie, ollette e balsamari in vetro, che coprono un arco temporale che va dalla prima Epoca imperiale romana alla prima Epoca islamica (VII - X sec. d.C.) - Fig. 16.

Fig. 16
a sx: contenitori in vetro (balsamari, ollette, bottigliette)
al centro: statuetta di orante in terracotta (Epoca copta)
a dx: ampolle di San Mena in terracotta (IV-VI sec. d.C.)

E' presente anche un papiro in arabo (Fig. 17) ed un frammento di tessuto in cotone con ricamo in lana, del Periodo Mamelucco (1250 - 1517 d.C.).

Fig. 17
Papiro arabo
(Prima epoca islamica)

Il percorso all'interno della Sezione Egizia termina con tre interessanti reperti provenienti dall'antica civiltà di Elam, in Iran sud-occidentale: si tratta di tre mattoni in terracotta, rinvenuti nel sito di Chogha Zanbil (a 35 km dall'antica Susa) - Fig. 18, 19, 20.
Qui, all'interno del complesso cerimoniale, si è conservata la struttura di una ziqqurat, eretta nel XIV sec. a.C. a scopo di culto; i tre mattoni provengono da questo edificio e su di essi è presente un'iscrizione in lingua elamica che narra della costruzione della ziqqurat (sikratu-me in elamico):

"Io Untash-Napirisha, il figlio di Humpan-umena, il re di Anshan e Susa. Affinchè (io) possa prolungare la mia vita (e) la mia prospera dinastia, (e) non veda la fine ... della mia prole, il sian in mattoni cotti (e) il kukunum in (mattoni) upkum ho costruito. Al dio Inshushinak del Sian-kuk li ho offerti. Io ho innalzato la ziqqurat. Ciò che mi sono sforzato di realizzare possa essere gradito in mio favore al dio Inshushinak."
(Trad. di Gian Pietro Basello - Università degli Studi di Napoli L'Orientale)

Fig. 18
Frammento di mattone in terracotta.
Regno di Untash-Napirisha (XIV sec. a.C.)

Fig. 19
Mattone in terracotta
Regno di Untash-Napirisha (XIV sec. a.C.)

Fig. 20
Frammento di mattone in terracotta.
Regno di Untash-Napirisha (XIV sec. a.C.)

Mentre i reperti conservati nella Sezione Egizia del Museo Civico di Crema e del Cremasco continueranno ad essere oggetto di studi ed approfondimenti, un'ulteriore crescita della raccolta è già in programma per i mesi futuri: grazie alle donazioni di Giampiero Guerreschi (1916-2006) e Mariacarla Pozzi (1924-2021), la collezione potrà infatti arricchirsi di nuovi preziosi oggetti, creando così nuove opportunità di ricerca e valorizzando ancor più questa interessante sezione del Museo.