domenica 14 giugno 2020

Ushabti di Psammetico


Gli ushabti (𓅱𓈙𓃀𓏏𓏭𓀾 wšbtj) sono statuette che rappresentano il defunto mummiforme e che venivano poste all’interno del corredo funerario al fine di poter “sostituire” il defunto stesso nei compiti che secondo la credenza degli antichi Egizi dovevano essere svolti nell’aldilà.

La parola “ushabti” deriva dal verbo “wšb” (usheb 𓅱𓈙𓃀𓏴𓀁) “rispondere” e significa “il rispondente”, “colui che risponde”; nelle formule iscritte su queste statuette, riprese dal capitolo VI del Libro dei Morti, l’ushabti viene infatti esortato a prendere il posto del defunto per eseguire gli stessi lavori che occorrevano durante la vita quotidiana, ovvero coltivare i campi, irrigare i canali, trasportare la sabbia, ecc. garantendo così la sopravvivenza eterna del defunto.
Per poter svolgere queste attività l’ushabti era pertanto dotato di un falcetto, di una zappa (che impugna con mani) e di una borsa per le sementi che ricade dietro alla spalla.
Gli ushabti potevano essere in faïence (di colore turchese), legno, pietra, ecc. e avevano una dimensione compresa mediamente tra i 5 e i 20 cm; vennero prodotti in quantità sempre più numerose con il passare delle epoche: nel Nuovo Regno ogni corredo poteva ospitare anche 400 statuette (una per ogni giorno dell’anno + 36 capisquadra ovvero uno ogni 10 operai).
Questo ushabti, in particolare, apparteneva a Psammetico figlio di Seba-rekhyt, che, alla luce dei numerosi titoli e cariche dei quali era stato investito (“padre divino”, “amato dal dio”, “intimo del re”, “amministratore della necropoli occidentale”, “capo dei segreti di Rosetau”, “ispettore dei sacerdoti sem”) doveva avere la carica di funzionario amministrativo facente parte dell’élite sacerdotale della città di Menfi.




L'oggetto è esposto alla mostra "Storie d'Egitto" presso i Musei Civici di Modena.

Nessun commento:

Posta un commento